Monday, October 16, 2006

messaggio importante

Secondo l'art. 32 del decreto legge n° 262 dallo scorso 3 ottobre non è più possibile riportare il testo di un qualsiasi articolo tratto da siti o giornali, pur citandone la fonte. Per poterlo fare occorre pagare un compenso all'editore, pena sanzioni.
Ho firmato l'appello della campagna NO alla tassa sulle rassegne stampa, che chiede al governo il ritiro del decreto legge.
Firmiamo in tanti...

Nascita di un guru

Lasciato dalla fidanzata Kazuo entra a far parte di una setta fino a diventarne il nuovo guru.

Strano racconto, quello di Takeshi Kitano. La storia di questo sperduto ragazzo che inconsapevolmente diventa membro di un nuovo credo che venera un non precisato dio e che vede nei miracoli truccati qualcosa di assolutamente necessario per guadagnare proseliti lascia perplessi e divertiti. Kazuo si avvicina a questo mondo quasi per caso, per un colpo di testa e ne diventa il portavoce più autorevole (ma senza potere decisionale) rimanendo invischiato in una serie di illegalità che qualunque altro scrittore avrebbe denunciato.
Tempo fa lessi Underground. Racconto a più voci dell'attentato alla metropolitana di Tokyo di
Murakami Haruki. Il testo raccoglie le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti all'attentato del 20 marzo 1995, quando una setta religiosa di Aum intossicò con il sarin le migliaia di pendolari che ogni giorno affollano i treni. Un'opera drammatica e vera.
Il testo di Kitano invece si sviluppa su tutt'altra linea, forse. Non è satira, non è denuncia, è forse uno sguardo disincantato e distratto (come il suo protagonista) su come le parole e la fede possano diventare arma, salvezza o fonte di reddito.
Protagonista nell'ombra è infatti Shiba, donnaiolo, ubriacone e violento, in realtà il vero ideatore della setta; colui che ne ha plasmato le regole (e prontamente le infrange) e ha creato il "guru". Come? Scoprendo che ogni setta, ogni religione più o meno grande, copia o fa riferimento ad un'altra, in una specie di macro ipertesto religioso. Eppure anche Shiba, nella sua perdizione, è alla ricerca di dio, della prova della sua esistenza, o meglio di un'ombra della sua esistenza. Egli, sembra spiegare, ma considerato il personaggio non ne sarei tanto sicura, ha peccato nell'attesa di una manifestazione di un castigo divino, prova intrinseca della sua presenza e quando finalmente questa punizione (ricercata) arriva, essa non sarà certo un motivo per fermare la sua folle vita.
Così, tra false guarigioni, yakuza, violenti e veri credenti (o creduloni) il libro scorre lasciandoci travolti, in balia di eventi che non possiamo controllare o capire, un po' come Kazuo, forse destinato a fare grandi cose, o forse soltanto un'altra pedina in un gioco più grande di lui.

Saturday, October 14, 2006

Il Diavolo veste Prada

Premesso che:
1)
Meryl Streep è meravigliosa;
2) La questione delle trasposizioni da libro a film è vecchia quanto quella dell’uovo e della gallina (ed ancora senza soluzione);
permettete un paio di considerazioni sulla
pellicola di David Frankel da parte di chi ha letto e apprezzato il testo di Lauren Weisberger .

Il romanzo
Il diavolo veste Prada è un gradevolissimo racconto su una giovane che entra a far parte di un mondo che non le appartiene (quello della moda) e dove ognuno è nemico dell’altro (come in gran parte dei posti di lavoro dove vale il detto mors tua vita mea).
La versione cinematografica è una leggerissima commedia dove, a dire la verità, il sarcastico realismo “griffato” con i quali si trattavano i rapporti di lavoro è stato “dolcificato” a favore di un divertito viaggio nell’universo della moda. Senza addentrarsi troppo nelle differenze tra libro e film, il confronto tra la Miranda cartacea e quella in pellicola va decisamente a favore della prima. Non tanto per la recitazione dell’attrice (a mio dire spettacolare nel ruolo, perfetta dal capello alla scarpa), ma piuttosto per una questione di sceneggiatura.
Nel film Miranda, il temutissimo boss, diventa inspiegabilmente un essere umano. Certo, ancora da biasimare, ma con alcuni seppur piccoli tratti che potrebbero rendercela più umana, quando in realtà tutto quello che noi assistenti, stagisti, neoassunti, vorremmo, è vedere finalmente sullo schermo la sintesi di tutto quello che un capo non dovrebbe mai essere per poter poi dire agli amici che non ci credono: vedi, con questa gente io ho (oppure, per i più fortunati,
ho avuto) a che fare!
La Miranda della Weisberger è un concentrato di cattiveria, cinismo e assoluta mancanza di rispetto nei confronti degli altri, forse perché sempre vista dall’esterno, dal basso verso l’alto: il punto di vista della protagonista nella quale prima o poi tutti si trovano a riconoscersi. Miranda/Meryl Streep (o meglio quella dello
sceneggiatore del film), mostra fievoli, ma irritanti sprazzi di debolezza (si fa vedere con gli occhi rossi e in vestaglia dalla sua assistente, sorride?!?!) che obbligano in qualche modo a diventare indulgenti (o almeno a pensare di diventarlo) nei suoi confronti. Tutto ciò a discapito del film, che perde tono, restando si scorrevole e divertente, ma smarrendo in qualche modo quell’aura di paradossale veridicità che altri film, come la pasticciona protagonista de Il diario di Bridget Jones avevano.
Come già accennato, il film si traduce in realtà in un divertente viaggio all’interno della moda e rimane un’occasione mancata per descrivere le trappole di tale ambiente. Sembra che, di fronte all’ultimo moto di ribellione della protagonista (che nel libro rivolgeva un liberatorio “fuck you” al boss), prevalga la necessità di giustificare o far comprendere i meccanismi di tale ambiente e personalità. Forse, ma è una mia ipotesi, tutto ciò è dovuto all’inevitabile esigenza di non pestare i griffatissimi piedi delle case di moda o della moda in generale che al film hanno naturalmente contribuito. A mio giudizio nel rapporto accusa/ attentuanti a tale universo sono le seconde a prevalere: si pensi alla tirata di Miranda sulla genesi del colore ceruleo per i maglioni o alle parole di Nigel (chapeau naturalmente a
Stanley Tucci) sul perché Miranda sia un buon capo…
Nella sua demenzialità
Zoolander aveva fatto di meglio…

Ad ogni modo, resta un film piacevole, divertente, una buona commedia e soprattutto un’occasione per capire cos’è in e out nel nostro guardaroba (!), indicazioni per cui milioni di ragazze morirebbero….

Friday, October 13, 2006

dotto'

un augurio speciale alla mia amica Vale che da ieri è Dottoressa in legge (104/110)...COMPLIMENTI!!!

Sunday, October 08, 2006

fiori maledetti

Finito (anzi divorato) Dalia Nera...
a breve la mia riflessione sul libro (e magari anche del film....)

propongo intanto un link: http://www.bethshort.com/
una annotazione dall'homepage: poichè questo sito parla di fatti realmente accaduti, non è adatto a utenti di ogni età. In breve, questo sito tratta del brutale omicidio di una giovane donna. Entrando, si conferma di avere l'età adatta per vedere tale materiale.